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15 Dic 2015

Autorità portuali, arriva la svolta di Delrio

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Si ridisegna il comparto in termini di piattaforme logistiche.

 

Genova - Attesa da più vent’anni, tentata senza successo da una decina di governi, sta per arrivare in porto la riforma delle banchine italiane. O almeno così promette il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Graziano Delrio che rispetto ai suoi predecessori ha già portato a casa un primo risultato, l’approvazione del Piano della Portualità e della Logistica, e ora si appresta a incassare dal consiglio dei ministri il via libera al decreto di riforma della governance delle autorità portuali, già pronto in forma di bozza e cuore pulsante di un progetto che suscita interesse e polemiche. Perché cancella le 24 autorità portuali italiane nate con l’ultima legge di riforma del 1994, e fa nascere 14 autorità di sistema, tagliando dieci enti con tutto ciò che comporta in materia di costi, benefici e poltrone. Ma la forza del progetto, che dopo l’approvazione del decreto andrà all’esame del Parlamento, sta non tanto nei termini quanto nella sostanza.

Di fatto, il piano cancella il modello ormai superato di porto come scalo di carico e scarico della merce e fa nascere quello di piattaforma logistica, uno spazio a filo di banchina che lega le differenti modalità di trasporto e punta dichiaratamente a portare la merce dal mare al treno, cercando di limitare il più possibile lo strapotere della gomma su cui è oggettivamente impossibile pensare di caricare altri container. Non a caso, il governo nella Legge di Stabilità dovrebbe inserire agevolazioni fiscali per chi fa viaggiare merci su ferro e mare, i cosiddetti “ferrobonus” e “marebonus”. «Come sappiamo bene noi medici – ha spiegato presentando la riforma Delrio, che di professione è un endocrinologo – ogni persona ha bisogno della cura del ferro e dell’acqua. Così è anche per il nostro Paese ».

Le prime connessioni fra porti, interporti e piattaforme logistiche sono già operative, fra Gioia Tauro, Napoli e Marcianise, fra Trieste e Fernetti e fra Savona e Orbassano. Ma sono i numeri, prima di ogni altra cosa, a imporre la svolta. Perché i porti italiani stanno cominciando a mostrare la corda, rischiano di pagare a caro prezzo la concorrenza degli scali del Nord Europa e del Sud del Mediterraneo, hanno perso quote di traffico e si mostrano soprattutto spezzettati e divisi, in concorrenza fra loro a pochi chilometri di distanza. Fino a pochi anni fa i porti del Sud e dell’Est Mediterraneo (Tangermed, Port Said, il Pireo, Istanbul, Capodistria) quasi non esistevano e ora sono in diretta concorrenza sul mercato, mentre lo strapotere dei giganti del Nord Europa non accenna a diminuire e pone di fatto l’Italia dentro a una tenaglia che rischia di metterla ai margini del business.

Così non sorprende se, tutti insieme, i 24 porti italiani movimentano poco più di 10 milioni di teu (l’unità di misura del container), meno che il porto di Rotterdam da solo. Da qui l’esigenza di ridurre il numero degli enti, ma di cambiarne anche la natura e i confini. Nascono così 14 autorità di sistema che sono i 13 porti italiani inseriti sui corridoi transeuropei (i cosiddetti porti “core”) più quello di Civitavecchia. Al vertice strutture decisamente più snellae che in passato, con un board guidato da un presidente scelto dal ministro, “sentita” la Regione, e rappresentanti indicati dalla stessa Regione, dai comuni e dalla Capitaneria. Nel porto che perde la titolarità ci sarà un direttore a reggere lo scalo. Non si andrà mai oltre la decina di membri per ciascuna autorità di sistema, contro i venti e più di ciascuna delle autorità portuali attuali. Saranno i mari, in futuro, a indicare le autorità di sistema, a cominciare da quella del Mar Ligure Occidentale, che unirà Genova a Savona e che, per stessa ammissione del ministro, diventerà il “porto dell’Italia”, due scali distanti solo 40 chilometri che si uniranno per far correre le merci dirette verso il Nord Europa sul corridoio Reno-Alpi, che ha il suo tratto iniziale proprio nel terzo valico ferroviario attualmente in costruzione.

In parallelo il ministero prosegue nell’attuazione del Piano della Portualità e della Logistica, a cominciare dalle semplificazioni doganali per creare uno sportello unico di controllo della merce, per arrivare ai dragaggi, le cui procedure burocratiche spesso si trascinavano per anni senza soluzioni. 

 

 

Fonte: LA REPUBBLICA

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