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21 Set 2018

Bruxelles: ''Le AdSP non possono ricevere fondi dallo Stato''

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Giudicati illegittimi i trasferimenti ricevuti dall’AP di Napoli.

 

A due anni di distanza dall’apertura delle indagini formali, avviate nell’estate 2016, la Commissione Europea si è pronunciata su due diversi casi di possibili aiuti di Stato relativi al porto di Napoli, confermando indirettamente la sua convinzione in base alla quale le AP prima, e le AdSP oggi, sono di fatto assimilabili ad aziende private e che quindi il trasferimento a loro favore di fondi pubblici è da considerarsi a tutti gli effetti un illegittimo aiuto di Stato. Assunto – duramente contestato dalle autorità italiane – che sarebbe anche alla base della possibile indagine (che però non è stata ancora formalmente avviata) sull’inquadramento fiscale delle stesse authority del Belpaese.

 

Nel primo caso, riguardante 44 milioni di euro di fondi pubblici concessi all’allora AP partenopea (oggi AdSP del Mar Tirreno Centrale) per il refitting dei bacini di carenaggio assentiti in concessione a Cantieri del Mediterraneo (Camed), la DG Comp ha ritenuto trattarsi di aiuto di Stato, in violazione della normativa comunitaria in materia, mentre nel secondo, relativo alla mancata e poi dilazionata riscossione dei canoni concessori di alcune concessioni demaniali nel porto di Napoli, secondo Bruxelles non si è trattato di aiuti di Stato.

 

La vicenda delle riparazioni navali prende avvio nel giugno 2016 (anche se, in realtà, i presupposti risalgono a molto prima), quando – in seguito alla denuncia “di un’impresa di riparazioni navali attiva nel porto di Napoli” – la Commissione decide di aprire un’indagine approfondita “per valutare se le sovvenzioni dirette per 44 milioni di euro provenienti dal bilancio nazionale italiano concesse all’Autorità portuale di Napoli, per ripristinare i bacini di carenaggio” gestiti (dal 2004) tramite una concessione di 30 anni da Camed, “fossero compatibili con le norme UE in materia di aiuti di Stato”.

 

Nel testo dalla sua nota del 2016, la Commissione Europea sostiene che, “in assenza di una gara per l’utilizzo dei bacini di carenaggio, Camed potrebbe usare le strutture rinnovate per fornire servizi di riparazione navale a prezzi potenzialmente inferiori a quelli di mercato”. Questo – prosegue la Commissione – “potrebbe aver dato ad entrambe le compagnie un vantaggio economico rispetto ai loro competitor e quindi costituire aiuti di Stato in violazione delle norme europee in materia”.

 

Da notare che i funzionari di Bruxelles – svelando un’impostazione che ancora oggi sembra non essere stata abbandonata – parla di “entrambe le compagnie” riferendosi a Camed e all’Autorità Portuale di Napoli, sostenendo che anche quest’ultima potrebbe avere avuto “vantaggi economici rispetto ai suoi competitor”, e considerandola quindi come un’azienda privata e non come una diretta emanazione dello Stato, testi sostenuta invece, allora come oggi, dalle istituzioni italiane.

 

Questi aiuti di Stato, spiegava ancora la Commissione nella sua nota di giugno 2016, “possono ritenersi compatibili con la normativa comunitaria se contribuiscono a obbiettivi di interesse generale, senza distorcere la concorrenza in un singolo marcato”, ma in quella fase gli estensori del documento avevano “dubbi sul fatto che i servizi di riparazione navale si possano configurare come ‘servizi di interesse economico generale’”.

 

A distanza di due anni la Commissione ha ritenuto fondati i propri sospetti giudicando i 44 milioni di euro utilizzati dall’AP partenopea per ristrutturare i bacini di carenaggio come aiuto di Stato, ma concentrando le motivazioni di tale decisione su un aspetto che non era stato considerato in sede di apertura della procedura. Se infatti, nella nota diramata oggi, si fa solo un rapido riferimento al fatto che “le misure non soddisfano i criteri pertinenti, in particolare quelli relativi all'assolvimento di obblighi di servizio pubblico”, confermando di non ritenere le riparazioni navali un servizio di interesse economico generale, il fulcro centrale del ragionamento verte su altre questioni.

 

“Gli interventi pubblici a favore delle imprese non costituiscono aiuti di Stato ai sensi della normativa europea quando sono effettuati a condizioni che un investitore privato operante in condizioni di mercato avrebbe accettato (principio dell'investitore operante in un'economia di mercato)” ricorda infatti la Commissione, secondo cui l’Autorità Portuale di Napoli “ha beneficiato di sovvenzioni statali, ovverosia di aiuti finanziari non rimborsabili e privi di costi di finanziamento”, uno strumento finanziario che “non sarebbe stato messo a disposizione sul mercato”.

 

Per quanto riguarda Camed, l’azienda navalmeccanica partenopea avrebbe anch’essa beneficiato di tali sovvenzioni attraverso un accordo di concessione riguardante i bacini di carenaggio, che ha potuto “utilizzare ripristinati ad un prezzo inferiore ai prezzi di mercato, senza dover partecipare a una gara d'appalto aperta per ottenere tale diritto”. Inoltre, precisa il documento, il canone pagato da Camed all’authority “è stato calcolato in base a parametri fissi, stabiliti per legge, che non rispecchiavano l'aumento di valore economico degli impianti ripristinati concessi in affitto”.

 

Per tutte queste ragioni, la Commissione conclude asserendo che le sovvenzioni dirette dello Stato italiano hanno concesso tanto all'Autorità portuale di Napoli che a Camed un indebito vantaggio economico rispetto ai loro concorrenti e che per questa ragione si configuravano come un aiuto di Stato ai sensi della normativa dell'UE”. Confermando con tale conclusione di considerare l’AP di Napoli a tutti gli effetti assimilabile ad un’azienda privata, che per di più avrebbe dei concorrenti, come se l’Autorità portuale avesse operato quale soggetto attivo in un mercato concorrenziale. La stessa tesi che sta alla base delle ventilate intenzioni europee di aprire un’indagine in relazione alla mancata imposizione fiscale sulle authority italiane. Leggi tutta la notizia

 

 

Fonte: SHIP2SHORE

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