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07 Feb 2014

In Palestina cresce l’export. Ma la dogana è una corsa a ostacoli

 

Il Paese non ha porti per poter imbarcare la merce

 

Quanto le complessità geo-politiche incidano sulla catena logistica, lo spiega bene Tareq Abu Khaizaran, Managing Director della Zadona Agro-industrial Company, sussidiaria del gruppo Sinokrot, presente al Fruit Logistica. La Palestina esporta ogni anno ben 300 mila tonnellate di prodotti ortofrutticoli. Il Paese però non ha porti per poter imbarcare la merce, e allora si appoggia sui porti israeliani e della Giordania, a seconda se la merce deve andare verso Ovest o verso Est. Ma le restrizioni sono evidenti: la frontiera non è aperta tutto il giorno, e nella settimana possono esserci dei giorni in cui non si passa del tutto, come ad esempio il venerdì. Inoltre, c’è un problema di circolazione dei camion: targa verde quelli palestinesi, targa gialla quelli israeliani. I primi non possono sconfinare nel territorio dei secondi, e viceversa. “Magari l’autista che viene da Israele è arabo, ma non cambia.

«Se ha il passaporto israeliano, non può comunque entrare»dice Khaizaran. Quindi, niente da fare: alla frontiera la merce deve passare da un camion all’altro, come se fosse un treno che passa dal locomotore di una rete nazionale a quello di un’altra. «Per alcune partite di merce, per fortuna molto ridotte, le cose possono complicarsi ancora un po’ – aggiunge il manager -. Perché quando esportiamo in Europa e Stati Uniti è necessario che i container siano passati allo scanner. Questo raddoppia la procedura, e i tempi si allungano ancora di più, con il rischio che la merce prenda caldo». Tutto questo, in poche decine di chilometri.

 

Fonte: THE MEDI TELEGRAPH

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