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24 Set 2014

Logistica essenziale per abbassare i costi in Cina

 

La vera svolta di Moriconi è stata la logistica

 

Mario Moriconi ha coraggio da vendere. Con la sua Tagina, marchio di ceramica di qualità della tradizione umbra di Gualdo Tadino, ha mirato direttamente al cuore della Cina assetata di qualità e di cose belle. 
«Non è stato semplice - dice l'imprenditore - la Cina era da tempo nei nostri radar, almeno con una rete di negozi dedicati. Però bisognava alzare il tiro, sia con investimenti sia con strategie più articolate per operare su un territorio così ampio, anche per tenere sotto controllo i costi».

La vera svolta di Moriconi è stata la logistica. «Abbiamo un partner nella Free trade zone di Shanghai, che ormai ci permette di superare gli ostacoli del passato - spiega -. La nostra merce viene stoccata con criteri e modalità tali da ammortizzare i costi della logistica e proporre il nostro prodotto non solo come bello ma anche come competitivo».
Mettere un piede nella free trade zone di Shanghai non è esattamente come bere un bicchier d'acqua, tanto più che l'area è diventata un terreno di sperimentazione di nuove opportunità.

Il mercato cinese, per quanto promettente, resta durissimo per il made in Italy: rappresenta "appena" il 18esimo per vendite (3,6 milioni di mq annui e un giro d'affari di 65 milioni di euro). Ma è in crescita: +16% a livello tendenziale e +65% in riferimento ai valori del 2008. Però, è indubbio, potrebbe valere incrementi maggiori. In tutta l'Asia, nel primo semestre si sono vendute piastrelle tricolori per 238,6 milioni di euro, quasi quanto nei soli Stati Uniti.
Intanto, i cinesi ancora devono scontare le conseguenze dei dazi imposti dall'Unione europea (ma non solo, anche il Brasile ha usato i mezzi pesanti per difendere il proprio mercato dal made in China). Il che ha indotto una flessione (certificata dai dati elaborati da Eurostat) nell'export verso Ue, ma al tempo stesso, però, questo ha spinto i cinesi a cercare spasmodicamente altre vie di sbocco: il loro prodotto resta di livello basso per qualità.

Soprattutto, a creare problemi è il fatto che sia prodotto in quantità enormi rispetto alla capacità di assorbimento interno. Il tentativo più praticato per risollevare le vendite è senz'altro quello di crearsi un brand all'estero, che permetta di recuperare i mancati guadagni sul mercato interno e le conseguenze delle misure antidumping.
C'è chi, addirittura, ha proposto commesse a produttori europei (marchi italiani) che etichettano il prodotto con il brand cinese. In questo modo la legge è rispettata. Resta, però, che il mercato interno italiano ridotto all'osso viene pesantemente condizionato dal cliente cinese che, inevitabilmente, fa il prezzo.

Oltre a Tagina, altre società italiane hanno la Cina e l'Asia, più in generale, come punto di riferimento, da Atlas Concorde a Ceramiche Imola, che ha avuto il coraggio di arrivare qui tanto tempo fa, incassandone il valore aggiunto.
Il mercato interno cinese, in sé, non si è mai fermato. Anzi, continua a marciare, raccordandosi al trend dei Paesi del Sud est asiatico. Piuttosto, è cambiata la clientela. Molti nuovi ricchi cinesi hanno compreso il valore del design e cercano in Italia prodotti di qualità. E fanno tendenza: ormai sono sempre di più i cinesi che, nei loro appartamenti, vogliono prodotti di qualità installati a regola d'arte. Leggi tutta la notizia

 

Fonte: IL SOLE 24 ORE

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