Cerca Aziende di:
16 Ott 2014
Schiavi di un vero e proprio padrone. Costretti a lavorare tra le 16 e le 20 ore al giorno. Obbligati a non fermarsi nemmeno per mangiare, dovendosi far bastare un panino alla guida. Controllati persino nella sosta per le necessità fisiologiche, da sbrigare al massimo in sei minuti e cellulare alla mano, così che dalla cornetta si potesse sentire il rumore dello sciacquone. Tutto ciò da sopportare se non si voleva rischiare di perdere il posto.
È successo a Milano, Italia. E i lavoratori non sono immigrati stranieri senza documenti, ma cittadini italiani perfettamente consapevoli dei loro teorici diritti. C’è un’inchiesta appena chiusa dalla Procura che ha portato alla luce questo scampolo di schiavismo alle porte della metropoli. Protagonista, stando alle accuse del magistrato, il proprietario di un’impresa di autotrasporti con sede ad Arconate,nell’hinterland. Vittime, almeno otto autisti di camion ex dipendenti della ditta, che hanno messo a verbale i racconti delle giornate-tipo. Uno di loro ha sofferto per un esaurimento nervoso, dopo quell’esperienza. Un altro si è licenziato dopo appena tre giorni. Tutti hanno confermato che per tenersi il camion dovevano mostrare al loro “padrone” dedizione totale. In primo luogo guidando per un tempo ai limiti del sopportabile, fino a sfiorare le 20 ore giornaliere. E naturalmente trovandosi da soli in cabina, costretti a violare la regola che vorrebbe il cambio di autisti alla guida, dopo un certo numero di ore. Secondo l’accusa, le istruzioni erano precise: viaggiare da soli ma con in tasca la tessera magnetica di un collega, in modo che la “scatola nera” del mezzo potesse registrare il finto cambio di autista.
E se finivano in una coda di traffico: avvisare immediatamente la centrale per localizzazione del mezzo e tempi di ritardo. Di potersi fermare per pranzo, nemmeno parlarne. Un panino al volante e via. Il massimo erano le istruzioni per la sosta alla toilette: 6 minuti da non sforare e tenendo il cellulare acceso perché il figlio 30enne del titolare potesse sentire il rumore dello sciacquone.
A scoprire l’andazzo è stata la polizia stradale, che dopo alcuni controlli sui suoi camion, ha denunciato l’imprenditore per “riduzione in schiavitù”. Leggi tutta la notizia
Fonte: IL GIORNO