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18 Giu 2015
«Devo ancora parlarne con Renzi domani (oggi, ndr ), ma l’intenzione è quella». Il ministro alle infrastrutture e trasporti Delrio ieri ha avuto una giornata impegnativa alla Camera, costretto a rispondere alle domande del question time. Domani in Consiglio dei Ministri potrebbe averne una ancora più interessante: sul tavolo dovrebbe finalmente approdare il piano della logistica e della portualità.
Il documento a cui Delrio ha lavorato con pochi fidati, contiene le linee guida della riforma dei porti a partire dalla governance. Il ministro ha modificato sostanzialmente il numero dei distretti rispetto al piano che Il Secolo XIX/TheMeditelegraph aveva anticipato ad inizio maggio e che aveva fatto infuriare Regioni e Authority. Dagli otto distretti individuati allora, si passa ai 14. E’ il numero dei porti core della bozza di riforma firmata dal Pd e da Debora Serracchiani in particolare: sembra passata un’era politica, con il Pd impegnato a mediare con Lupi sul taglio delle Autorità portuali. Alla fine anche Delrio avrebbe ceduto alla mediazione politica, arrivando alla cifra che mette tutti d’accordo: Genova e Savona dovrebbero finire nello stesso distretto, Spezia con Carrara, poi un maxi assembramento con Livorno, Piombino e Civitavecchia (qualche dubbio sul porto della Capitale come realtà a sè stante, ma nelle ultime ore si sarebbe deciso di inserirlo con i due scali toscani). Quindi la Sardegna, Napoli e Salerno, Gioia Tauro (forse con Messina), i due distretti siciliani basati su Palermo e Augusta, due anche in Puglia (Bari e Taranto), Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste. Nelle attuali 24 Authority rimarrebbero comunque i direttori, subordinati ai presidenti dei distretti. Delrio cede quindi sul numero, ma incassa un maggiore potere di regia e nel meccanismo di nomina: spazzata via la terna e la voce degli enti locali, i presidenti verranno nominati dal Ministro “sentito” il presidente di Regione. I governatori non avranno potere di veto, ma disporranno di un peso politico: «Negare disponibilità su un nome ad un ministro è impossibile, ma è altrettanto vero che a Roma nessuno si sognerebbe di mettere una persona non gradita in un territorio, rischiando la “guerra civile” ogni giorno» spiega una fonte romana. E l’appeasement di Delrio è già partito: nelle scorse settimane aveva incontrato informalmente anche un po’ di deputati Pd per fiutare l’aria dopo la levata di scudi in seguito alla pubblicazione in anticipo - e non gradita - della prima bozza del piano. Il margine di incertezza sui tempi e sui contenuti comunque esiste ancora: «Il passaggio con Renzi è fondamentale: se il piano non piace al capo, si ricomincia tutto dall’inizio» spiegano a Roma. Leggi tutta la notizia
Fonte: THE MEDI TELEGRAPH