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13 Gen 2020

Porto di Genova in emergenza: il conto si scarica sul cliente finale

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Tempi di trasporto allungati, intasamenti incredibili che generano un aumento dei costi di trasporto.

 

Il rischio è che i costi di un sistema infrastrutturale al collasso si scarichino sul cliente finale. Diciassette mesi dopo il crollo del ponte Morandi ci troviamo con la A6 interrotta e la A26 e la A7 più che dimezzate nella loro capacità di transito. Tempi di trasporto allungati, intasamenti incredibili che generano un aumento dei costi di trasporto e incertezze nei tempi di consegna delle merci in arrivo al porto di Genova. Ciò sta portando alcune aziende estere a ritenere oggi meno costoso passare dal porto di Marsiglia. Racconta Silvia Moretto, presidente degli spedizionieri di Fedespedi e vicepresidente vicario di Confetra, «che la produttività degli autotrasportatori è crollata del 50% in pochi mesi». Significa che ora i camionisti fanno un viaggio invece di due con lo stesso tempo e allo stesso costo.

 

Un salasso inimmaginabile fino ad agosto 2018. Provocato anche dalla scarsa manutenzione di Autostrade per l’Italia negli ultimi anni, come hanno suffragato le indagini della procura di Genova tale da aver scoperchiato un sistema di report alterati sui viadotti che ha portato ad una discontinuità al timone di Atlantia, la capogruppo della società concessionaria. Che hanno finito per provocare la chiusura di alcuni tratti per il timore di crolli e cedimenti. Spiega Bartolomeo Giachino, ex sottosegretario ai Trasporti e grande conoscitore del sistema logistico, che «il porto di Genova rischia di perdere traffici a favore di Marsiglia e Anversa a causa della gestione fallimentare da parte del governo del post ponte Morandi. La cosa più urgente da fare era mettere in sicurezza i collegamenti autostradali con il porto più importante del nostro Paese, un porto che genera entrate fiscali per circa 5 miliardi e dà lavoro, secondo Nomisma, a 100mila persone a Genova, ma anche in Piemonte e Lombardia. Toninelli e Di Maio, non messi a tacere dai due governi Conte, hanno puntato tutto sulla revoca della concessione, invece di pretendere dai concessionari interventi urgenti sulla rete, dalla A7 alla A26 alla A6».

 

Non è retorica ma l’analisi degli addetti ai lavori è spietata. Nonostante l’intenso lavoro della ministra ai Trasporti, Paola De Micheli, che ha attivato un tavolo permanente per il sistema portuale di Genova coinvolgendo Autostrade per l’Italia che ha offerto l’esenzione dei pedaggi sulle tratte che ha in gestione e una serie di compensazioni economiche. Ma è chiaro si tratti di palliativi. Metterci una pezza per quanto possibile considerando però che si tratti di opere molto datate, alcune risalenti agli anni ‘30, che necessiterebbero di grandi interventi manutentivi e anche una messa in sicurezza del territorio circostante come insegna il collasso del viadotto sulla A6, gestita dal gruppo Gavio. Spiega Moretto che il «sistema portuale ligure avrebbe bisogno di interventi strutturali e non più congiunturali» e per questo servirebbe sbloccare anche gli interventi per la realizzazione della Gronda di Genova appesa ora a questo braccio di ferro infinito con Autostrade. Ma al netto della revoca o della revisione quel che è certo è che il conto di questa inefficienza si scarica sul cliente finale che incorporerà questo balzello-Paese sulle fatture.

 

Sul Morandi ogni giorno passavamo tremila tir. Ogni giorno sulle principali tratte ligure oggi passano tra i 5mila e i 10mila camion. Vista la messa in sicurezza di alcuni viadotti e alcune gallerie tutti percorrono vie alternative imboccando le strade provinciali. Verrebbe da ricordare quello che accadde più di dieci anni quando un incidente sul Monte Bianco dirottò completamente il traffico merci dalla Francia sulla Genova-Ventimiglia. Giachino da par suo sottolinea una possibile soluzione su cui ancora nessuno si è interrogato: «Visto l’aumento considerevole dei ricavi delle società autostradali e stante l’interesse generale a che il traffico pesante vada o su autostrada o su rotaia, nella riforma delle concessioni si potrà chiedere alle società concessionarie di applicare direttamente uno sconto ai mezzi pesanti facendo risparmiare allo Stato i 140 milioni che ogni anno versa ai trasportatori come contributi al costo delle autostrade». Una proposta interessante, ma servirebbe qualcuno che avesse un’idea di Paese.

 

Fonte: CORRIERE DELLA SERA - L'ECONOMIA

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