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29 Nov 2021

Camion da 18 metri: quanto sono manovrabili e che vantaggi apportano

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Intervista all’amministratore delegato del Gruppo SMET, Domenico De Rosa.

 

Dal 2009 sulle strade italiane hanno preso a viaggiare, nell’ambito del cosiddetto Progetto 18, centinaia di mezzi pesanti con lunghezza superiore a 16,50 metri. Adesso che quel progetto è terminato, https://www.smet.it/, ha spiegato come questi mezzi si comportano lungo le strade, quanto sono manovrabili, quali vantaggi riescono a generare sui bilanci e sull’ambiente.

 

Quando avete iniziato a introdurre questa configurazione e perché avete pensato di farlo?


«Il Gruppo SMET ha abbracciato l’esperienza del convoglio di 18 metri nel 2009, quindi ormai dodici anni fa. La motivazione dell’approccio positivo verso questa esperienza, che era del tutto pionieristica, era orientata al fatto di percepire i vantaggi che questa tecnologia poteva apportare in termini di sostenibilità. Non dobbiamo dimenticare che i mezzi contengono un numero di pallet al proprio interno: è evidente che se vogliamo ridurre il numero di mezzi sulle strade dobbiamo far sì che i mezzi stessi contengano più pallet. Era molto semplice arrivare alla considerazione che questo tipo di prodotto avrebbe soddisfatto l’obiettivo di sostenibilità. Per cui abbiamo approcciato la prima fase sperimentale, che è durata cinque anni, e abbiamo fortemente rilanciato nella seconda fase dove le licenze in deroga sono state aumentate dal Ministero. Il nostro Gruppo ha aumentato fortemente il numero di licenze e di veicoli acquistati con un investimento molto importante di alcuni milioni di euro, in un periodo che non faceva intravedere la normalizzazione, cosa che invece è di recente avvenuto».

 

Quanti veicoli erano in particolare quelli che avete utilizzato?


«La prima fase ha visto trenta veicoli autorizzati, la seconda fase trecento veicoli autorizzati. Hanno potuto partecipare a questo tipo di prodotto tutti i produttori di semirimorchi italiani».

 

Riusciamo a fare un conto in termini economici, che vantaggi ambientali ha apportato?


«I numeri sono semplici da dare. Per quanto riguarda i nostri veicoli a 18 metri abbiamo portato un contributo di minori emissioni pari a circa il 15%, in virtù delle diverse missioni che hanno realizzato. Altrettanto vantaggiosa è stata la diminuzione del numero di veicoli necessari per trasportare la quantità merce che è stata trasportata. Per cui abbiamo certamente alleggerito le autostrade di un coefficiente dal 12 al 15% di veicoli. Credo che sia intuibile la bontà di questo tipo di prodotto».

 

Nella rete infrastrutturale italiana, ci sono dei punti dove ci sono delle difficoltà per questo tipo di veicoli?


«I mezzi sono stati studiati per affrontare le rotatorie: l’interasse è uguale al semirimorchio tradizionale. Poi hanno il terzo asse autosterzante per cui questo agevola ancor più la manovra in rotatoria».

In base a questa esperienza ultradecennale, c’è un segmento di mercato per il quale l’utilizzo di questi veicoli è particolarmente congeniale?
«Di sicuro il settore che meglio coincide con la massima efficienza di questo prodotto è l’automotive. Questo settore viaggia, per la maggior parte, in andata e ritorno. Naturalmente sono sconsigliati tutti i settori dove c’è il rapporto peso/volume è molto alto, perché la massa complessiva non è cambiata. Però ricordiamo la maggior parte delle saturazioni in Italia arrivano da carichi leggeri. È evidente che anche tra gli interporti sono facilmente sfruttabili questi veicoli e il beneficio è molto elevato in termini di sostenibilità».

 

Che cosa accade in altri paesi e a quale esperienza guardate con interesse da applicare anche in Italia?


«Noi, in Italia, arriviamo a uno standard che già in altre parti d’Europa è stato raggiunto anni fa. Il nuovo standard a cui dovremmo ispirarci è quello dei 25 metri, perché già la Spagna lo sta adottando e ha dei risultati che sono positivi. L’Italia si è omologata e ha diminuito il gap con gli altri paesi d’Europa. Lo stesso concetto è sul 25 metri, per cui il nostro Gruppo sarà da stimolo per poter avviare delle fasi sperimentali, poi partirà tutta la fase di obiezioni, perché 25 metri in Italia possono essere tanti, ma ci saranno dei percorsi nei quali possono essere utilizzati. Si parte in una misura sperimentale e il progresso non viene bloccato e rallentato. Questa è la missione su cui siamo impegnati già da ieri».

Quindi progresso, ottimizzazione, ma anche un fattore di competitività.
«Troppe volte sento dire che in Italia siamo indietro, non abbiamo le infrastrutture e le possibilità. In un territorio in cui non c’è niente, noi dobbiamo fare tutto e partiamo già con la best practices europea. Ci saranno dei problemi, proviamo a capire quali sono, ma non possiamo abdicare rispetto a una condizione infrastrutturale del paese che è carente. Questo però non è un alibi per non seguire le linee di progresso, perché il paese se è indietro molte volte è perché non c’è spinta verso l’innovazione. Da parte nostra ci sarà certamente la volontà di investire e di sperimentare e, se è il caso, anche tornare indietro».

 

Adesso che i 18 metri sono diventati utilizzabili al di fuori della sperimentazione, voi pensate di aumentare la vostra flotta?


«Noi abbiamo una domanda crescente di questa tipologia di veicoli. Quindi atteso il momento particolare che stiamo vivendo e attiene alla poca disponibilità di attrezzature da parte dei fornitori di questi e altri veicoli, sicuramente noi andremo verso una implementazione di flotta in questo senso. I clienti sono sempre più predisposti a trasportare le loro merci in una chiave sostenibile. Tant’è che noi vendiamo il veicolo a 18 metri abbinato a un veicolo a trazione LNG, perché otteniamo il veicolo che è il migliore in termini di riduzione di CO2 e di efficienza ambientale».

 

È un vantaggio più per il committente che spedisce le merci o per il vettore che può sfruttare questo spazio?


«Noi impostiamo la nostra azione su un discorso valoriale prima e poi economico. Noi abbiamo approcciato questa linea verso la sostenibilità, che poi decliniamo con l’intermodalità marittima, ferroviaria e con le trazioni alternative e con i 18 metri perché riteniamo eticamente corretta. Dopo di ché è nell’abilità commerciale dell’impresa e dell’imprenditore saper valorizzare quello che si vende al mercato. Noi riteniamo che queste osservazioni debbano essere declinate sotto altri aspetti: è una cosa giusta utilizzare veicoli ad alta efficienza ambientale? È qualcosa che dà vantaggio al trasportatore, al committente e al consumatore? Io credo dia vantaggio a tutti».

 

Il fatto che ci sia una carenza degli autisti ha creato un contesto favorevole all’introduzione di questi nuovi veicoli?


«La carenza degli autisti, così come la priorità sulla sostenibilità, facilita ed è un acceleratore. È evidente che il resto dei paesi europei dettano il ritmo: se altri paesi sono già avanti, noi dobbiamo correre per metterci al pari».

 

www.smet.it 

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