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08 Gen 2014
Un autotrasportatore ha un guasto improvviso al camion, mentre viaggia lungo la A26. A quel punto, mette la freccia e parcheggia il veicolo per capire cosa succeda. Attende i soccorsi, ma purtroppo per lui la cosa va per le lunghe. Trascorse più di tre ore, transita sul luogo una vettura della polizia, riscontra la sosta prolungata ed emette un verbale per circolazione lungo la corsia per la sosta di emergenza (art. 176, commi 1 e 2, codice della strada).
L’autotrasportatore non ci sta: ritiene che in ogni caso quanto gli accaduto costituisce una causa di forza maggiore e così presenta opposizione prima al Giudice di pace e poi, visto che non ha ottenuto soddisfazione, anche al Tribunale.
Ma l’esito è lo stesso. A quel punto sale fino all’ultimo gradino di giustizia possibile, quello della Cassazione. Ma l’esito per lui rimane negativo. La ragione addotta dei giudici (ordinanza 16953/13) è sempre la stessa: un autotrasportatore professionista non può richiedere a proprio vantaggio lo stato di necessità, per la semplice ragione che, proprio perché è un professionista, deve riuscire a rispettare le prescrizioni del codice della strada anche in caso di avaria del mezzo. In tale caso – ha ricordato la Corte – il comportamento corretto sarebbe stato quello di «fermarsi sulla corsia per la sosta di emergenza… fino ad un massimo di 3 ore», di «segnalare la presenza del veicolo in avaria con gli strumenti prescritti e, non essendo in grado di porre rimedio all’avaria da se medesimo, chiamare il soccorso stradale», in modo da togliere il veicolo dalla corsia.
Un ragionamento che appare analogo a quello con cui la stessa Cassazione di solito ritiene responsabili gli autotrasportatori che subiscono una rapina, perché, usando la diligenza professionale che compete agli operatori del settore, avrebbero dovuto organizzare il viaggio e le soste, in modo tale da non incappare nell’episodio criminoso.
Fonte: UOMINI E TRASPORTI