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06 Nov 2014
I noli per il trasporto dei container non riescono a salire, ma i ricarichi (i cosiddetti surcharge) applicati dalle compagnie marittime si moltiplicano e proliferano ormai senza controllo. La denuncia arriva da Fiata, l’associazione internazionale degli spedizionieri e operatori logistici, che con un comunicato pubblicato ieri sul proprio sito chiede alle compagnie di linea maggiore trasparenza. «Questa situazione - spiega Piero Lazzeri, presidente di Fedespedi, la federazione italiana degli spedizionieri che aderisce a Fiata - viene da lontano e ormai queste voci sono diventati usi di piazza. In questo periodo di noli bassi si è semplicemente incrementata. Ma già prima dell’euro, quando si pagava in lire, esistevano voci come “on-wheel-charge”, ricarico che si doveva pagare se non si utilizzava il trasporto terrestre proposto dalla compagnia marittima».
Il comunicato della Fiata mette in riga una serie di nomi che si sono succeduti nel corso del tempo e che spesso, secondo l’associazione internazionale, non coprono un servizio effettivo, ma la necessità di rientrare nei costi per vie diverse dal nolo. E va bene finché si parla di strumenti per assorbire le variazioni di valore delle valute monetarie, effettivamente imprevedibili, o del combustibile, soggetto alle oscillazioni del petrolio che, a loro volta, non dipendono soltanto da fattori economici, ma spesso sono frutto di crisi politiche. Il problema sorge in voci che spesso appaiono misteriose agli stessi operatori. «E’ tempo - spiega la nota della Fiata - che le compagnie marittime internazionali offrano maggiore chiarezza nella sempre crescente varietà di ricarichi che applicano».
Una lista di voci, «spesso con nomi e obiettivi discutibili», è messa in filada Robert Keen, presidente dell’Istituto del trasporto multimodale di Fiata. «Nel passato - afferma Keen - abbiamo visto”administration fees”, “peak season surcharges”, o “Isps add.-on surcharges”. Successivamente abbiamo avuto esempi di “container cleaning fees” e “container sealing fees” senza che ci fosse alcuna evidenza che le spese a cui facevano riferimento fossero state effettivamente sostenute. Ci sono stati anche esempi recenti di “port congestion surcharges” provocate da agitazioni sul lavoro e di “haulage surcharges” dovuti alla mancanza di autisti di automezzi, che è difficile capire perché non c’è spiegazione e si giustifica poco per un ricarico dovuto a un servizio che la compagnia di linea ha difficoltà a fornire».
La questione può apparire sottilmente tecnica, ma se ne comprende il paradosso se si pensa che è in parte una conseguenza delle politiche di guerra dei prezzi portate avanti dalle stesse compagnie. Se i noli sono crollati negli ultimi anni, è anche perché si continua a mantenere in attività e anzi a costruire naviglio che eccede le richieste del mercato. Tutto questo perché le compagnie non vogliono cedere ai concorrenti quote di mercato, confidando che i sacrifici di oggi potranno essere compensati da una ripresa domani o da qualche incauto investitore, come è già avvenuto nel caso degli ormai famigerati fondi Kg tedeschi. Leggi tutta la notizia
Fonte: THE MEDI TELEGRAPH