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07 Mar 2018
Cosa c’entra un cavalcavia che crolla con l’aumento del prezzo del gasolio, la legge europea che obbliga i camionisti a non superare le nove ore di guida in una giornata e la concorrenza polacca? C’entra. Partiamo dai cavalcavia: ci siamo accorti che sono diventati fragili quando c’è scappato il morto. Fra ponti viadotti e gallerie, le Province ne gestiscono oltre 30.000, Anas ne ha in carico 14.800, poi ci sono quelli delle concessionarie autostradali. Oggi a preoccupare di più sono proprio i cavalcavia delle Province, che dal 2014 non hanno più nemmeno i fondi disponibili per manutenzione e investimenti. La storia però viene da lontano.
Come leggi e mercato si scaricano sui viadotti
La maggior parte dei viadotti sono stati costruiti alla fine degli anni Cinquanta e inizio anni Sessanta, quando i trasporti da 100 tonnellate erano rarissimi. Da allora è cambiato il mondo: è cresciuto il trasporto su gomma e pian piano anche i carichi eccezionali. Ed è proprio il «peso», che, anno dopo anno, ha stressato i ponti. Ad influire il prezzo del gasolio: alla fine degli anni Settanta costava la metà rispetto alla benzina, oggi è quasi uguale, 1 euro e 44 al litro. Meno dei 2 euro raggiunti tra 2008 e 2013, ma il doppio rispetto ai 70-80 centesimi al litro dei primi anni 2000. Nel 2006 sono arrivate le regole europee, che impongono ai camionisti di non guidare per più di 4 ore e mezza consecutive (9 nella giornata), con il tachigrafo digitale che impedisce di sgarrare. Poi ci si è messa la concorrenza straniera, che negli ultimi 10 anni ha fatto fuori 34.000 aziende di trasporto italiane. Per dare un’idea: il costo orario lordo di un conducente italiano è pari a 28,14 euro, contro i 10 euro di un polacco. Così la nostra quota di mercato ha perso il 21%, mentre quella delle imprese dei Paesi dell’Est Europa è passata dal 15 al 55%. Morale: da anni si carica di più per fare meno viaggi e tagliare sui costi. I viadotti però sono sempre quelli degli anni Settanta, ma nessuno ha provveduto a rinforzarli, perché non esiste un monitoraggio sulle ricadute delle leggi e fenomeni di mercato.
Quanti sono i trasporti eccezionali e chi li autorizza
Oggi, per capire se questi cavalcavia sono ancora sicuri, bisognerebbe sapere quanti trasporti eccezionali li mettono alla prova ogni mese, in modo da programmare la manutenzione. Non dovrebbe essere complicato, visto che devono essere autorizzati da Anas, concessionari, regioni, province, e tutti i comuni coinvolti dal passaggio dei camion.
Per fare un esempio: un’azienda che deve effettuare un trasporto da Legnano a Marghera superiore alle 44 tonnellate, ha bisogno di 27 nulla osta; ma alcuni enti locali applicano la regola del silenzio assenso. E così, di fatto, nessuno sa esattamente quanti siano questi trasporti. L’Anas spiega che quelli regolari l’anno scorso sono cresciuti del 10%. Ma anche quelli irregolari lievitano. Nel 2017, la polizia stradale ha controllato 1.913 veicoli. Bene: le infrazioni sono state 2.388, comprese quelle per trasporto non autorizzato.
Le province, mai abolite e senza soldi, chiudono le strade
Il responsabile delle autorizzazioni ai trasporti eccezionali di una Provincia del Nord Ovest dice che, da quando la legge di Stabilità del 2014 ha tolto le risorse, programmare la manutenzione è diventato impossibile e quindi controllano i loro cavalcavia «a vista». Quella legge ha imposto alle Province tagli di quasi un miliardo l’anno per tre anni, e le ha private della gran parte dei 3,7 miliardi che le amministrazioni ricevevano grazie a entrate proprie, perché le Province dovevano essere abolite. Però con la vittoria del «no» al referendum costituzionale, l’abolizione delle Province è saltata. La conseguenza è che, a fine 2017, risultavano chiusi per frane, crolli, smottamenti o manto stradale inagibile, circa 5.000 chilometri di strade provinciali; inoltre, su almeno il 52% della rete è stato inserito un limite di velocità tra i 30 e i 50 chilometri orari, perché le strade non sono sicure. I tecnici delle Province riferiscono di non poter chiudere altri tratti pericolosi e nemmeno ridurne la velocità di percorrenza, perché l’amministrazione non è in grado di sostenere i costi della segnaletica. Leggi tutta la notizia
Fonte: CORRIERE DELLA SERA - DATAROOM di Milena Gabanelli